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Vivo nell’acqua salata, e non gusto mai l’amarezza. Vivo in un carico di carne e di ossa, trasportando preziosamente alcuni litri di ossigeno e di anidride carbonica, che si distribuiscono nelle membra delle mie terminazioni nervose, nei pistoni del mio motore naturale, nei casseri di poppa delle mie sinapsi sincopate.”
È così che l’apneista francese classe 1982 Guillame Néry nell’introduzione al suo libro
Profondità (prefazione di Umberto Pellizzari), spiega nei minimi dettagli come e perché si può arrivare a toccare profondità oltre i 120 metri, inimmaginabili per noi comuni mortali. Scendere e risalire da quelle profondità in assetto costante significa usare esclusivamente la forza delle gambe trattenendo il respiro per almeno quattro minuti. E soprattutto vincere “l’ebrezza da profondità” ovvero il fenomeno della narcosi con i primi effetti che si cominciano a sentire intorno ai –30/40 metri, quando per effetto della pressione microbolle di azoto passano nel sangue. Ma per gli apneisti a grandi profondità, verso i –100 la narcosi è dovuta a una concentrazione troppo grande dei diversi gas, in particolare ossigeno e l’anidride carbonica. La prima narcosi di Guillame è cominciata durante un’immersione a –90 metri, con l’effetto di allucinazioni visive e uditive, “la cosa difficile, spiega, è che non sai mai quel che ci aspetta: è impossibile anticipare lo stato nel quale ci getterà la narcosi e padroneggiare quel momento.”
Questa perdita di controllo può essere problematica. L’apnea è l’unica attività fisica a rischio in cui lo sportivo effettua la metà della sua prestazione con la testa altrove e fuori di mente. Durante i primi anni di gare le narcosi erano le sue peggiori nemiche, ma pian piano con allenamenti appropriati le ha domate. Durante l’immersione gestire la narcosi significa autoregolarsi e la perfezione si ha quando ogni cosa va bene, quando si dorme bene, si mangia bene, si vive bene…
Altrimenti non avrebbe potuto nell’aprile del 2011 ottenere il record del mondo individuale a –117 metri.
Nelle poco meno di duecento pagine, divise in tredici capitoli, fa vivere, come se fossimo presenti, la perfezione dei suoi allenamenti, della routine, la meticolosa preparazione delle sue prestazioni per superare le difficoltà tecniche. Nello stesso tempo, capitolo dopo capitolo, racconta perché l’apnea per lui sia più che uno sport una filosofia di vita, il mezzo per conoscere se stesso e le profondità del mare ancora sconosciute, e per confrontarsi con il pericolo.
Un capitolo lo ha tutto dedicato all’incontro con un eccellente apneista, Julie Gautier nata a La Reunion, che diventa sua moglie. Con lei come regista ha girato da protagonista diversi cortometraggi. Tra questi “Ocean Gravity” girato nella celebre Tiputa Pass, nella Polinesia francese, dove le correnti oceaniche non sono uno scherzo. La regista ha spiegato che, ignorando nei suoi scatti le regole basilari dell’inquadratura, è riuscita a “creare l’illusione naturale di un pianeta sul pavimento dell’oceano”. Invece nella Dean’s Blue Hole, la depressione marina più profonda del mondo che si trova in una baia nelle Bahamas gira il cortometraggio, dal titolo “Free Fall”. Guillaume lo affronta mentre sua moglie sempre in apnea, ne filma l’immersione.
Il 10 settembre 2015 il tentativo del campione francese di battere il record del mondo di immersione in apnea in assetto costante attualmente detenuto dal russo Alexey Molchanov con –128 metri, ha rischiato di finire in tragedia, per un banale errore organizzativo. A Limisso (Cipro), Guillaume era pronto per tentare di battere il primato dopo aver stabilito il nuovo record nazionale francese con –126 metri. Aveva chiuso il protocollo alla perfezione, pronto per battere il primato mondiale. Ma per un banale errore il cavo per la misurazione non era sistemato alla profondità dichiarata di –129 metri ma a –139, 10 in più e ben 13 in più del primato di –126. Purtroppo il campione si è reso conto conto dell’errore solo sul piattello dei –139 quando la narcosi ha fatto sentire i suoi effetti. Nery ricorda soltanto le prime pinneggiate verso la superficie, poi il buio e la ripresa di conoscenza solo sulla barca di assistenza. Il tempestivo intervento dei subacquei di assistenza e l’immediato trattamento di ossigeno terapia hanno scongiurato esiti nefasti.
Le fotografie sono tratte dal libro. Quella in basso è tratta dal cortometraggio Free Fall