Un atlante per i wave watchers

Scritto da Il Mare
06 dicembre 2011
Wave Watching, come recita il suo sottotitolo, è un libro che non lascia adito a dubbi nel presentare “lo spettacolo delle mareggiate in Liguria” con le sue immagini reali e suggestive, impressionanti e di grande effetto.
Gli autori, Stefano Gallino, Alessandro Benedetti e Luca Onorato, con le fotografie che hanno messo in pagina, hanno il merito di spiegare con dovizia di particolari e con una accurata ricerca i fattori meteorologici all’origine di questi fenomeni che lasciano impressionati e sbigottiti anche per i danni che causano.
Questo libro è una fenomenologia dell'onda. Racconta il suo lungo viaggio nel fetch, insegna a distinguerla e a valutaria, spiega come si manifesta e in quali punti della costa dà spettacolo. In un atlante delle mareggiate in Liguria, unico nel suo genere, ci dice dove andare ad ammirarla in tutta sicurezza.
Infine è un libro originale e affascinante, diverso da qualunque altro volume illustrato sul mare, offre uno strumento in più ai moltissimi "wave watchers" che possono usare le loro schede per capite come si forma, come si misura. da quale mondo viene, come arriva a essere l'onda perfetta per un intelligente “turismo delle mareggiate”, nello spirito che già Lucrezio coglieva nel De rerum natura: “È dolce, mentre nel grande mare i venti sconvolgono le acque, guardare
dalla terra la grande fatica di un altro; non perché il tormento di qualcuno sia un giocondo piacere, ma perché è dolce vedere da quali mali tu stesso sia immune”.
Le grandi mareggiate colpiscono da sempre il litorale ligure, e specialmente il porto di Genova. Già verso 1400 esistevano particolari organizzazioni, raggruppate in corporazioni, antesignane della moderna Capitaneria di Porto, con il compito specifico d’intervenire durante queste emergenze e provvedere alla salvaguardia degli equipaggi e delle navi ormeggiate.
L’8 novembre 1613 un fortunale di particolare violenza causò l'affondamento di 16 grosse navi e di 54 tra fregate e barche.
Altri documenti presso l’Archivio Storico riferiscono che il 17 gennaio del 1636 una violenta mareggiata investì il porto di Genova e il suo litorale. I velieri e le navi ormeggiate nel porto andarono tutte distrutte. Passata una polena poppiera di un bastimento irlandese affondato rappresentante una Madonna con il bambino galleggiava insieme ai resti delle altre navi. Fu recuperata e acquistata dal legittimo proprietario per la somma di 400 pezzi da 8 reali. Nel tempo furono attribuiti al simulacro alcuni eventi miracolosi e la statua è tuttora venerata nella chiesa genovese dei Santi Carlo e Vittore con il nome di “Madonna della Fortuna”. Il 27 e 28 novembre 1898 una libecciata di particolare violenza colpì il molo Duca di Galliez asportando circa 300 metri di protezione, mentre il fanale situato in testa del molo stesso fu distrutto assieme al piccolo alloggio del personale di servizio. Riferendoci a periodi più recenti, gli effetti disastrosi che la mareggiata del 19 febbraio 1955 ebbe sui mercantili e sul porto di Genova, con lo smantellamento di diverse centinaia di metri della diga foranea, sono ben documentati nel libro e dalla carta sinottica dell’epoca che fa comprendere le cause di una tanto immane devastazione.
Ma la tragedia difficile da dimenticare è quella del 9 aprile 1970. La nave London Valour, battente bandiera inglese sottovalutando le insidie del Golfo di Genova fu colta alla fonda da una violenta e quasi inaspettata burrasca da libeccio. In poco tempo fu sospinta contro la parte più a levante della diga foranea, la poppa della nave si schianta contro le rocce, mentre migliaia di genovesi assistono dal molo alla tragedia. Nel pomeriggio si riesce a gettare una carrucola tra la diga e il ponte della nave per cercare di trarre in salvo un naufrago alla volta, ma la nave si spezza in due tronconi: l'equipaggio, composto in gran parte da marinai filippini, si ritrova così diviso in due gruppi. La rudimentale tecnica di salvataggio si rivela presto fatale: il filo di nylon, a causa dei violenti movimenti dell'imbarcazione, si rilascia all’improvviso per poi tendersi all'estremo, sbalzando così in aria i naufraghi imbragati sulla carrucola, che muoiono sfracellati sugli scogli.

La moglie del capitano viene sbalzata dall’imbragatura e catapultata nel mare in tempesta: dopo aver assistito alla sua morte, l'uomo rifiuta gli aiuti dei soccorritori, si toglie il giubbotto di salvataggio e si suicida gettandosi in mare. Morirono 20 marinai e 38 si salvarono.
Il grande Faber, qualche anno più tradì, dedicò a questa tragedia la canzone “Parlando del naufragio della London Valour”, che rappresenta forse uno dei vertici più espressivi, ma anche ermetici della sua opera. specie con questi versi che ricordiamo: “il vento si farà lupo il mare si farà sciacallo”, “le ancore hanno perduto la scommessa e gli artigli”, “come uno schiocco di lingua parte il cavo dalla riva che ruba l’amore del capitano”.