L’
Optimus Princeps, ovvero l’Imperatore Traiano sicuramente avrebbe dato un riconoscimento speciale a chi, dopo 1900 anni dalla sua scomparsa, ha fatto rivivere una liburna della Classis, flotta, pretoria usata in una delle guerre daciche. Si tratta di un modello al vero della sezione prodiera di una Liburna raffigurata sulla Colonna Traiana. La ricostruzione, lunga circa 10 metri, è opera di Mario Palmieri, Mariotto per gli amici, carpentiere navale che da oltre trent’anni si occupa, per la loro riproposizione ai fini didattici e sperimentali, di ricostruzioni uniche, funzionanti e in scala, di macchine idrauliche, ancore, apparati e attrezzature veliche, di imbarcazioni con una rigorosa scelta dei legni, e la descrizione delle antiche tecniche costruttive degli scafi, sia delle navi “cucite” che di quelle assemblate con il metodo a “mortasa e tenone”.
Per la ricostruzione si è avvalso della consulenza di Roberto Petriaggi del supporto scientifico di Barbara Davidde Petriaggi, docente di Archeologia subacquea presso l’Università degli Studi Roma Tre, che da tempo ha intrapreso una serie di progetti per lo studio delle tecnologie e delle tecniche che presiedettero alla realizzazione delle antiche navi.
M.B. Di Palmieri abbiamo parlato nel 2015 sul nostro magazine, questo è il link https://libreriainternazionaleilmare.blogspot.it/2015/09/la-potenza-e-la-tecnologia-delle-navi.htmlLa liburna è approdata nel porto di
Centumcellae (Civitavecchia) in occasione del Convegno: “Traiano Optimus Princeps – i Porti dell’Imperatore”, per celebrarne i 1900 anni dalla morte, avvenuta nel 117 d.C. . Questa sorta di miracolo è avvenuto quando Francesco Maria di Majo, Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale ha inaugurato, presso l’antica Rocca del porto tirrenico, l’allestimento permanente del modello oltre a uno spazio importante dedicato dal Centro allo studio e alla ricostruzione di strumenti connessi con la navigazione e con la guerra per mare. La Liburna era la nave utilizzata anticamente dai Liburni, un popolo della Dalmazia, dedito alla pirateria. Essa entrò a far parte delle flotte utilizzate dai romani quando Augusto impiegò queste unità, agili e veloci, nella battaglia di Azio (31 a. C.) contro le pesanti navi di tradizione ellenistica di Antonio e Cleopatra. Nell’età imperiale, poi, il termine Liburna, o Liburnica, fu genericamente usato per designare una nave da guerra.
Come è noto, sulla Colonna Traiana, inaugurata nel 113 d.C., è rappresentato, attraverso la narrazione realizzata in bassorilievo, il racconto delle guerre daciche di Traiano (101-106 d.C.). In alcune delle scene appaiono varie tipologie di navi da guerra e da trasporto della Classis Moesica e delle Classes Praetoriae che furono impiegate per gli spostamenti dell’esercito romano da una sponda all’altra dell’Adriatico e lungo il Danubio. La ricostruzione che è stata riproposta rappresenta, come è stato detto, la parte prodiera della Liburna della scena LXXXII della Colonna e si basa sulle conoscenze delle tecniche di costruzione navale in età romana fino ad ora note. La nave, forse lunga non più di trenta metri e larga circa otto, aveva due livelli di piani di remeggio con un solo uomo per remo. Si ipotizza la presenza di quaranta/cinquanta rematori distribuiti su due livelli per ciascuna murata, per un totale di ottanta/cento rematori.
L’aspetto della prua denota alcune caratteristiche singolari che ne fanno, tipologicamente, un unicum tra le navi raffigurate sulla Colonna: tre lunghe travi a sezione quadra, con una scanalatura longitudinale e una con testa di ariete, sporgono a prua nello lo spazio normalmente riservato al proembolion (uno sperone della nave, prominente sopra il rostro e conformato spesso a protome animale, che aveva la funzione di limitare la penetrazione del rostro nella fiancata della nave nemica). Queste caratteristiche ci autorizzano a definire questa nave un particolare tipo di Liburna che poteva essere stata realizzata appositamente per il trasporto o l’utilizzo in battaglia di “macchine belliche” come le balliste? Una supposizione forse confortata dal fatto che i citati elementi si protendono minacciosi proprio dai Propugnacula di prua (sorta di castello di combattimento) decorati da due lastre, forse metalliche, recanti rosette e due imbarcazioni a rilievo, una delle quali con prua simile a quella ricostruita. Forse tali lastre avevano anche una funzione protettiva contro il lancio di proiettili nemici (dardi, pietre, ecc..).
Roberto Petriaggi Archeologo, subacqueo, studioso di architettura navale antica Si salisce alla sua sommità per una scala interna, tagliata nel marmo stesso, la quale, essendo fatta a chiocciola, ha dato alla colonna il nome di coclide…
La Colonna Traiana è una sorta di documentario, è alta 30 metri, 40 con il basamento. Realizzata con marmo di Luni, oggi ha perso i colori di cui era dipinta , come pure gli inserti in metalli per armi e corazze. Racconta le due campagne daciche del 101-103 e del 105-106 in un racconto che si srotola come un libro antico, dal basso verso l'alto. Le 23 fasce scolpite a doppio rilievo iniziano con un'altezza di 90 centimetri, per ampliarsi fino a 120 centimetri nelle parti in alto.
Le campagne militari vengono narrate con molti particolari che si riferiscono ai fatti storici e che scandiscono le campagne militari insomma, non sono dei veri e propri reportage di guerra. Sono state contate circa 2500 figure (Traiano è presente in una sessantina di scene)
Il basamento conteneva in una teca d’oro le ceneri dell'imperatore, e la sua statua che svettava in alto venne tolta e sostituita nel Cinquecento con quella di san Pietro.