Un ricordo di mio padre per quanti lo hanno stimato e gli hanno voluto bene. Giorgio Sternini: partigiano, medico, Direttore Sanitario, ma soprattutto "barcaiolo": ed è a quest'ultimo uomo, che è dedicata questa raccolta di appunti e articoli. A quest'uomo che, vissuto in simbiosi con il mare, è riuscito a trasmettere ai suoi amici la sua grande, vitale passione. Passione che nasceva dalla voglia di libertà, di grandi spazi, di sentimenti infiniti, ma anche dai primari bisogni dell'uomo: la madre - il guscio; la moglie - la rotta; la vita - il vento; i figli - le onde. Il tutto racchiuso in una forma antica come la storia dei popoli, atta ad esplorare allora nuovi mondi, ma per lui le sue vaste peregrinazioni interiori: la barca. La barca: un contenitore di emozioni, pensieri, speranze, rispetto per la vita e filosofia di vita per l'uomo e per gli elementi della natura. La sua barca, come fonte inesauribile di esperienze, come si legge nelle tante righe scritte su di essa da mio padre: il Tahiti Ketch e il mare ci appaiono come grandi maestri, luoghi di vita interiore e come prolungamento di essa, in moto ondulante come le avversità e le gioie. La barca e la sua famiglia: un binomio per lui indissolubile. I suoi figli, noi, siamo letteralmente cresciuti suI Tahiti. E sua moglie, di cui il Tahiti porta il nome, Chetta, donna eccezionale per altri versi, tutto tranne che barcaiola, ma che, come nella vita, 10 ha sempre accompagnato sia nelle traversate felici che nelle burrasche, costantemente al suo fianco, apparentemente silenziosa passeggera ma in realtà preziosa consigliera e supporto per lui indispensabile, entrambi legati in un rapporto d' amore, di dipendenza reciproca, di totale dedizione l'uno per l'altro come mai sinora mi e stato dato di vedere in altri: tanto che, spentasi mia madre, mio padre non seppe fare a meno di seguirla poco tempo dopo. Il Tahiti dondola ancora sulle onde, e mio padre ne governa ancora il timone: a voi leggere tra i suoi scritti il ricordo della sua forza, ma anche la dolcezza di un bambino diventato prematuramente adulto a causa della guerra che lo aveva indelebilmente segnato con la sua crudeltà. E fuggire dalla crudeltà, protetto dall'amore per la sua famiglia, e stato per lui solcare la vastità del mare. Quanti lo hanno conosciuto ricordano certamente il rapporto simbiotico che lo legava alla sua barca nonché la filosofia della sua barca; soprattutto marina, sopratutto robusta, risultato dell'evoluzione di altre barche antiche di simili forme che il passare dei secoli e le conseguenti esperienze dell'uomo avevano via via modellato nella ricerca della perfezione di quel particolare tipo di barca in relazione all'uso per il quale era stata inizialmente concepita: cioè stare in mare con qualsiasi tempo e con la massima sicurezza. Sostanzialmente su questi basilari concetti si concentrava la filosofia di mio padre per quanto riguardava la sua barca ideale. Cultore e conoscitore di una vasta e solida letteratura marinara, era certamente, per alcuni versi, uomo di controcorrente come lo e stato nella vita e nella professione: ma piaccia o non piaccia serie sue diagnosi erano ineccepibili e restano tutt'ora confermate, a distanza di anni. Perché l' andar per mare come Dio comanda e un' arte antica e moderna nello stesso tempo che implica doti, esperienze e soprattutto cultura marinara riservata a sempre meno yachtsmen. E, a noi figli, nostro padre ha infuso e trasmesso la sua filosofia marinara; e ancora oggi noi seguiamo la scia della rotta da lui tracciata alla barra del suo Tahiti, che per quelli che sono rimasti della nostra famiglia continua a rappresentare una sorta di "ara penatium" con ricordi e sensazioni ancor vivi di quando eravamo bambini. di Stefano Sternini