«Io sono Micaela. È nota la mia maestria nelle arti amorose.» «Io sono Attìa, siciliano senza storia e senza dio, ed è nota la mia ammirazione per tali virtù.» «Ci state prendendo in giro?» «Perché dite questo?» «Che razza di nome è Attìa? E il vostro amico come si chiama, 'Accura'?» «Panc.» «Bene. Ci state davvero prendendo in giro.» «La notte del primo marzo 1860 quattro uomini salparono da Palermo alla volta di Caprera per rapire la donna di Giuseppe Garibaldi. Nessuno di loro aveva progettato il viaggio, né scelto liberamente di prendervi parte: il loro coinvolgimento fu una conseguenza del bizzarro dipanarsi degli eventi. L'ideatore del viaggio si chiamava Francesco Landi, aveva l'appellativo di 'Generale', ed era uno dei massimi rappresentanti del potere borbonico in Sicilia. In cambio della liberazione della donna, sosteneva, avrebbero costretto Garibaldi a rinunciare all'impresa dei mille. Questo in teoria. Le cose andarono diversamente. Garibaldi sbarcò a Marsala con mille uomini e conquistò tutta la Sicilia, poi attraversò lo stretto e conquistò il restante regno di Francesco I di Borbone, passando alla storia. I quattro uomini salpati alla volta di Caprera invece non passarono alla storia. Della loro esistenza non v'è traccia da nessuna parte e non esiste un solo libro che accenni in qualche modo alla loro missione, a parte poche pagine del diario di viaggio di uno di loro, il soldato semplice Salvatore Paradiso. Eppure, ai loro tempi erano famosissimi. Le loro gesta ispirarono una canzone che fu un grande successo in tutta la nascente nazione per quindici anni e più, prima di cadere nel dimenticatoio. Evento ancora più bizzarro: la canzone fu scritta prima ancora che i fatti raccontati fossero effettivamente avvenuti. Come se si trattasse del canto di un antico veggente. Quella canzone l'ho scritta io. Facevo il cantastorie, poi sono morto.»
Data pubblicazione
04/11/2018