Alla fine del Cinquecento il conflitto tra veneziani e ottomani sembra attenuarsi, ma un nuovo pericolo si affaccia sull’Adriatico: predoni che assaltano navi mercantili, svuotandole del loro carico e uccidendo comandanti e marinai che osino opporsi. Autori di questi misfatti sono gli uscocchi: una popolazione che fugge dai Balcani invasi dai turchi e cerca un ruolo nel Golfo di Venezia, trovandolo alla fine nella più illecita tra le attività umane, ovvero la pirateria. Una dolorosa spina nel fianco della Repubblica, già sulla via del tramonto per la crescente importanza delle rotte atlantiche e per la sfibrante rivalità con l’Austria. Poco serve la potente flotta della Serenissima per annientare gli uscocchi i quali, di proposito, evitano ogni scontro frontale per agire con inattese azioni frutto di loro indubbie qualità: conoscenza della navigazione, forza fisica, disponibilità di un porto sicuro e di barche agili, capacità di affrontare il mare anche in condizioni proibitive. I protagonisti di questa storia agiscono su uno sfondo dove, a ben guardare, non esiste un netto confine tra bene e male, tra legalità e crimine. Sul mare e lungo la costa che dalla Dalmazia arriva fino alle Bocche del Timavo, nel Golfo di Trieste, sembra infatti prevalere la legge della giungla: gli uomini possono diventare belve abbruttite dalla lotta per la sopravvivenza, per il dominio sul mare o per la smania di arricchimento. Nel racconto la figura del protagonista, il giovane aspirante capitano uscocco Drasa, si intreccia con quella di Robinia, l’adolescente rapita vicino alla foce del Timavo per farne una schiava. La loro storia d’amore, sbocciata nell’ambigua relazione padrone-schiavo, è legata da un filo sottile: quello dell’eterna battaglia fra passione e dolore. Ambedue sono destinati a vivere un’esperienza contro la quale tentano invano di opporsi avendo la consapevolezza che, a volte, l’obbedienza al proprio gruppo, la verità e la libertà esigono sangue e sacrificio.
Data pubblicazione
04/05/2018