Una saga della conquista del Messico non è mai stata possibile. Troppo opprimono le atmosfere irradiate dalle ottuse crudeltà dei conquistatori, dall'attonita rassegnazione delle vittime. Una sola immagine si presta a meraviglia. Quando i guerrieri di Montezuma, superiori per numero, videro la cavalleria spagnola, senza combattere si diedero al nemico. Agli aztechi, cavallo e cavaliere apparvero un'unica creatura, mostruosa e divina. Della schiava Marina - l'indiana donata a Cortés su una spiaggia del Messico, che di Cortés divenne traduttrice di lingua e di costumi - un commentatore tramanda l'entusiasmo trionfante di quando poté montare su un cavallo. È un episodio che si piega a varie interpretazioni: rivalsa simbolica del vinto o desiderio di far parte dei vincitori. Ma a leggere la storia di Marina, che in questo libro Angelo Morino ritesse sulla trama dei documenti della Conquista, il gesto diventa emblema di un destino di donna e di indiana rivoltato grazie al chiudersi del destino della sua gente; di una figura sospesa e contraddittoria che ha il rilievo tragico - più prossimo a Kierkegaard che a Euripide - dell'unico eroe di una saga impossibile.
Data pubblicazione
01/01/1984