Chi non è mai stato nel deserto, e ha letto magari soltanto qualche libro sul Sahara, è convinto che il deserto sia un luogo straordinario ma monotono. «Un maledetto uadi dietro l’altro», come rispose un viaggiatore inglese a chi gli chiedeva se la traversata era andata bene. In realtà, sono quasi sempre i libri, non il deserto, a essere molto spesso monotoni. Perché non basta descrivere i bagliori violetto e arancio dei tramonti, la calde dune color dell’oro, le infinite distese pietrose, le depressioni ricoperte di sale e di gesso, le montagne nere con le cime merlettate e gli orizzonti che sembrano così vicini per la secchezza dell’aria, mentre sono molto più lontano di quanto si possa immaginare. Questo è soltanto lo scenario che va popolato con i protagonisti, uomini che portano il velo blu o il casco coloniale, donne con i morbidi occhi cerchiati dall’hennè, spiriti duri di militari e di predoni, spiriti santi che vegliano o digiunano. Solo allora, davanti a tutta questa folla, è possibile accorgersi che il deserto non è mai stato un vuoto, ma un pieno, e che quanto lo caratterizza non è la monotonia o la ripetizione, ma la varietà e l’imprevisto. Il deserto è pieno di storie. Il fascino e l’unicità del Grande Mare di Sabbia stanno esattamente nell’aver interpretato quest’anima multiforme del deserto, attraverso storie molto differenti tra loro, che hanno l’aspetto formale dei racconti di viaggio, ma che finiscono altrove. Come uno dei suoi eroi, Laslo von Almasy, il «paziente inglese» di cui racconta la vera storia, molto più eccitante di quella del romanzo o del film, Stefano Malatesta è sempre alla ricerca di qualcuno o qualcosa: di un etnologo francese morto in strane circostanze, di un treno che si chiamava «Sahara Express», dei soldati italiani in Libia e dei commandos inglesi, di audaci esploratori e di ancora più audaci viaggiatrici, di preziosi marmi e di oasi prive di sorgenti, di eremiti e di monasteri, di Italo Balbo e dell’architettura coloniale, di un eroico trasvolatore e di un grandissimo scrittore, del Cairo tra le due guerre mondiali e di una spia che diventerà presidente di una grande nazione, di un luogo che non c’è e di molte altre cose e persone. Scritto in una prosa così avvincente da ricordare i bei tempi in cui si leggeva con la certezza di essere trascinati di pagina in pagina, Il Grande Mare di Sabbia è una scintillante conferma, dopo il successo del Cane che andava per mare, delle doti di Malatesta come narratore.
Data pubblicazione
01/11/2001