Pubblicato nel 1975, il libro è l'esito di più di vent'anni di lavoro. Già nel decennio successivo il progetto dell'opera attira l'attenzione dei circoli letterari, tanto che nel 1959 viene attribuito a D'Arrigo il premio della Fondazione Cino del Duca (la giuria è presieduta, tra gli altri, da Eugenio Montale, Elio Vittorini e Cesare Zavattini). Nel 1960 escono sulla rivista Il Menabò due capitoli del romanzo, il cui titolo provvisorio è I giorni della fera. In questo periodo l'opera risulterebbe già conclusa nella sua struttura narrativa, ma l'autore deve ancora affrontare una profonda revisione linguistica, che si protrae per tutti gli anni successivi, anche grazie al sostegno dell'editore Arnoldo Mondadori; il lavoro è estremamente intenso e condotto in uno stato di quasi totale isolamento che rischia di compromettere seriamente la salute dell'autore. Infine, nel 1975, il romanzo esce con il titolo definitivo di Horcynus Orca. Diversi anni dopo è data alle stampe anche la "versione prima" dell'opera, col titolo iniziale I fatti della fera. Oltre che per la sua mole massiccia, Horcynus Orca si impone per la sua straordinaria invenzione linguistica, in cui si intrecciano, inestricabili, almeno tre livelli: l'italiano colto e letterario, la parlata popolare dei pescatori siciliani, infine una gran quantità di termini originali, ideati dall'autore. L'assenza voluta di un qualunque glossario o di note a piè di pagina fanno della lettura di Horcynus Orca un'impresa ardua, per nulla facilitata dall'incessante tendenza dell'autore alla digressione e al flusso di coscienza. In ogni caso, il romanzo, pur scarsamente ricordato, risulta come uno dei maggiori titoli dello sperimentalismo italiano del dopoguerra. Notevoli, inoltre, i richiami e i paralleli con altre opere letterarie: l'epica greca (in particolare l'Odissea), l'opera verghiana, il Moby Dick di Melville e l'Ulisse di Joyce.
Data pubblicazione
01/10/2012