Lo scrittore Dario Alfonso Ricci è originario di un territorio il cui panorama, tra boschi, scogliere e golfi, è d’incomparabile bellezza, luogo ricco di storia, cultura e tradizioni, che conserva importanti tracce archeologiche del suo nobile passato: l’antica Etruria. Nativo di Piombino, vive a Baratti, nella casa dove nell’infanzia trascorreva l’estate, a soli dieci metri dal bellissimo mare toscano nelle cui acque cristalline da bambino, guidato dalle amorevoli mani materne, mosse i primi passi, nelle quali ama immergersi e che adora esplorare con la sua barca. Nutrito e suggestionato dal contatto con la Natura, dalla presenza dell’azzurra distesa sconfinata, dai racconti, i fatti e le facce di mare, non poteva non dispiegare la sua fantasia, come in un fiume in piena, nella sua opera prima, il romanzo “La leggenda del faro”, una bella storia in cui parla di mare e di vento, di onde e di scogli, di navi e di barche, di naufragi e di salvataggi, soprattutto delle storie e delle leggende dei faristi, fedeli custodi, per oltre un secolo, fino all’automazione, dell’affascinante lanterna marina: il faro di capo Arocco. Ricca di passaggi magici ed immagini poetiche, sempre l’autore guardando al mondo con gli stessi occhi incantati che aveva da bambino, “La leggenda del faro” narra le vicende che si snodano per oltre un secolo, dei faristi e degli altri personaggi, intorno al leggendario faro di capo Arocco, dalla sua fondazione all’automatizzazione, presenza viva, tangibile, animata, quasi “creatura” vivente, dotata di proprie pulsioni e volontà, in rapporto ambivalente con l’Uomo, ora in armonia ora in conflitto, ora presenza benevola e salvifica ora forza distruttrice e devastante, comunque sempre in sintonia con la Natura. L’ultimo capitolo, poi, che, similmente ad una conchiglia che racchiude in sé la perla preziosa, è il racconto dell’antefatto, il disvelamento delle motivazioni che hanno spinto alla stesura del libro (che si pone a suggello della storia ma avrebbe anche potuto costituirne l’incipit), è un finale perfetto e ad effetto; romantico, quasi magico appare il verso finale, con l’alternanza fra luce ed eclisse, espressioni del faro che, per tutta la storia, ora ha illuminato ora ha celato, ma anche metafora della vita, sempre in sospensione fra la chiarità e l’ombra. Vividi emergono l’amore per il mare, la conoscenza dell’elemento e il rispetto che l’Autore nutre per tutte le creature della Natura in generale, la luna, il vento, le onde, gli scogli, gli alberi e gli animali, e con forza s’impongono i valori morali in cui crede: il senso del dovere, la dedizione al lavoro, il rispetto, l’amore. Una volta scritte, le parole più non appartengono allo scrittore, e ciascuno le legge in modo personale, eppure in questo romanzo è possibile rinvenire un significato universale nel messaggio finale, affidato a Giovanni, il vecchio farista che, nel congedarsi, raccomanda a Fausto: «La natura ti aiuterà, lo ha fatto con tutti. Basta rispettarla ed amarla».