Perché si va a vela? La risposta a una domanda al tempo stesso così semplice e impegnativa si trova in questo piccolo manuale «filosofico» scritto da un grande giornalista, notissimo anche come appassionato di vela di lungo corso, che in queste pagine ricorda, tra l’altro, episodi vissuti personalmente o da altri. Un libro, quindi, che è frutto dell’esperienza e che diventa una lezione di vita. Perché andare in barca è non soltanto un modo per tuffarsi nella natura, per conoscere se stessi, i propri orizzonti e i propri limiti, ma soprattutto per vivere in un’altra dimensione, per tanti motivi diversa da quella che si vive ogni giorno sulla terraferma. L’andare per mare - e in mare non vi sono certezze - implica una filosofia del viaggio tutta particolare: è scomodo, richiede abilità, un certo sforzo fisico, resistenza alla fatica, sangue freddo, può essere rischioso. Ma restituisce il senso dell’avventura in un modo antico, dove il tempo, lo scorrere del tempo, nonostante il prezioso ausilio delle nuove tecnologie per stabilire la posizione o misurare le distanze, non è sostanzialmente cambiato rispetto al passato. Un’isola raggiunta in aereo è un’isola come tante altre; raggiunta dal mare al termine di sei giorni di traversata diventa un luogo incantato. Con le sue giornate di calma piatta oppure di pieno sole in un cielo sereno, di brezza o di vento forte, di burrasca, tempesta o addirittura naufragio che può volgere in tragedia, il viaggio è un’allegoria della vita, la vita stessa.
Data pubblicazione
01/06/2006