Buio, silenzio, gelo. Il vortice increspato scorreva velocissimo tutto attorno al modulo di appontaggio, lo avvolgeva, lo stritolava nell’oscurità immensa. Solo l’esiguo spessore dello scafo separava quell’ambiente ostile dal confortevole tepore della cabina. Al suo interno si udiva solo il sibilo continuo, il ronzare potente e le leggere, persistenti, vibrazioni del propulsore. Nella soffice oscurità ogni cosa era appena toccata dalla luce soffusa dei pannelli della strumentazione, che esaltava i profili, le cavità, disegnava le sagome. Tutto era fermo, immobile, pietrificato. Fino al momento in cui uno schermo si accese, lanciando come un faro nella notte una intensa luce azzurra, che andò a disegnare una sequenza di segni e numeri sul casco del pilota.
Data pubblicazione
11/12/2020